Nel fluire del tempo, la scultura di Andrea Roggi si distilla in una sinfonia di forme rarefatte e materia antica, in cui il bronzo e il travertino si spogliano del loro peso terreno per farsi elementi cosmici. Le sue figure umane, slanciate e trasfigurate, diventano icone del divenire, simboli di una meditazione silenziosa sull’essere e sull’universo. In esse, la tradizione della fusione a cera persa si fonde con l’urgenza contemporanea di raccontare la vita come circolarità, come incontro e dissoluzione. Le sue opere si fanno danze sospese, fiori di sogno, frammenti di eternità, mentre il confine tra il reale e l’onirico si dissolve in un lirismo che sfugge a ogni didascalia.
Roggi non rappresenta: evoca. Non descrive: suggerisce. Così ogni sua scultura è una soglia, una vibrazione interiore che penetra nel subconscio, come le musiche rarefatte di Fauré o le composizioni astrali di Lieti, capaci di toccare corde intime, invisibili, universali.
Il mondo che Roggi scolpisce è un cosmo vivo, in cui ogni forma è energia che si aggrega e si disperde, un centro solare che pulsa al ritmo del mistero. Nei suoi cerchi danzanti, nell’ombra traforata che abita il bronzo, nella luce sacra che ne emana, si compie l’eterno abbraccio tra terra e cielo, tra materia e spirito.
L’Olivo, albero antico e biblico, si trasfigura in corpi umani che ascendono, in un rito di metamorfosi in cui le radici si fanno braccia, e la corteccia si apre come icona d’oro, rivelando l’anima divina dell’essere. La Campana traforata, la Sfera della Vita, il Cristo Risorto sono archetipi viventi, soglie tra dimensioni, figure-simbolo che narrano la riconciliazione tra l’uomo e il divino.
Ogni figura si tende verso l’alto, nel tentativo di sfiorare l’ineffabile. La Resurrezione diventa Big Bang spirituale, l’anima si fa bronzo che danza nella luce, la forma si dissolve in trama eterea. L’artista toscano plasma visioni, non oggetti: ogni scultura è un mondo.
La poetica di Andrea Roggi è un atto di fede nella forma, intesa non come superficie ma come manifestazione dell’invisibile. Le sue opere, sin dagli esordi, rivelano un’anima profondamente radicata nella spiritualità contadina e cristiana, ma capace di elevarsi a una dimensione universale, etica, filosofica. Il bronzo, la resina, il travertino diventano linguaggi simbolici, strumenti di una fantasia demiurgica che reinventa la realtà e le dona nuovo respiro.
Nel suo percorso, Roggi esplora le infinite possibilità della forma, chiusa in reticoli euclidei o sciolta in arabeschi cosmici, sempre guidata da una forza interiore che tende a espandersi, a conquistare lo spazio come un soffio vitale. Le sue sculture sono archetipi incarnati, idee che prendono corpo, metafore tangibili del destino umano, della sua eterna ricerca di significato.
Come in Lucrezio, la materia non si crea né si distrugge, ma si trasforma. E nel bronzo che respira, si apre, si eleva, batte il cuore di un’umanità in viaggio, fragile e potente, che nel turbine del Cosmo trova la sua voce più autentica: la voce della bellezza.